Comunicazione efficace in coppia: 5 errori da evitare

La cattiva comunicazione è un fattore comune a diversi problemi di coppia.

Gli studi effettuati negli ultimi venti anni dal Centro di Terapia Strategica di Arezzo, diretto dal Prof. Nardone lo confermano.
Quando si comunica in modo disfunzionale ci si intrappola in un circolo vizioso dal quale è poi difficile uscire indenni.

Nel libro “Correggimi se sbaglio”, il Professor Giorgio Nardone afferma: “uno dei modi più efficaci che ognuno può sperimentare per mettere a punto una strategia o per scegliere uno strumento utile a certi scopi consiste nell’individuare, prima di tutto, le cose sicuramente fallimentari da evitare”.

E ancora: “per imparare a dialogare strategicamente con il nostro partner, il primo passo sarà individuare tutti i modi sicuri per fallire nel nostro intento. Solo in seguito si può passare a descrivere gli ingredienti che possono orientare costruttivamente la relazione con il partner”.

Seguendo l’input del Professore, la ricerca-intervento condotta dal CTS ha individuato quelle ridondanze comunicative che hanno portato al fallimento di svariate coppie.
Rifacendosi a uno dei capisaldi della terapia strategica – il costrutto delle “TENTATE SOLUZIONI” (ovvero tutto ciò che abbiamo già messo in atto per risolvere un problema che, se non ha funzionato, finisce per mantenerlo e alimentarlo) tra le modalità disfunzionali più frequentemente riscontrate nella comunicazione in coppia abbiamo: il puntualizzare, il recriminare, il rinfacciare, il biasimare e alcuni specifici atti comunicativi.

1) Un tratto distintivo delle persone intelligenti è la tendenza a PUNTUALIZZARE le situazioni, le sensazioni e persino le emozioni nel rapporto con l’altro. Il puntualizzare viene messo in atto per avere il controllo della relazione ma, se il suo utilizzo diventa massiccio e ridondante, finisce per alimentare i problemi anziché appianarli. Una persona ragionevole nel momento in cui eccede con le spiegazioni e le puntualizzazioni finisce per diventare un “magnifico rompiscatole”; il che porterà a un azzeramento del desiderio e all’insorgenza di conflitti.

2) RECRIMINARE. Pensiamo a tutte le situazioni in cui il partner ha recriminato per un nostro comportamento: non avete sentito che la colpa, se pur grave, perdeva di forza?
La recriminazione tende, infatti, a produrre reazioni di ribellione nell’accusato.

Quando comunichiamo, non conta solo ciò che diciamo, ma COME lo diciamo!
Nietzsche diceva che “gli esseri umani sono capaci di sublimi autoinganni: trasformano le proprie colpe in colpe altrui”; ogni volta che saremo portati a recriminare nei confronti di qualcuno, il risultato che ne otterremo sarà un rifiuto emotivo, una reazione di rabbia o di distacco e non l’accettazione delle nostre ragioni.

3) Probabilmente, ancora più deleterio è l’atto comunicativo del RINFACCIARE.
Esso induce a esacerbare ciò che vorrebbe ridurre e correggere. Come afferma Maturana “non sono i tiranni a creare gli oppressi, ma viceversa”, perché se io mi metto nel ruolo di vittima dell’altro, lo rendo automaticamente mio aguzzino; se poi quest’ultimo si arrabbia mi legittimerà nel ruolo di vittima!

Tra chi rinfaccia e chi subisce si struttura una complementarietà patogena della comunicazione, che tende a strutturarsi come un vero e proprio copione interpersonale, dove chi viene colpevolizzato è portato a reagire, rifiutando o aggredendo, e pertanto la vittima si sentirà ancora più vittima… e così via.

4) Il BIASIMO è una critica diretta. È una sequenza composta da una prima parte in cui ci si complimenta con l’altro e da una seconda parte dove si afferma che avrebbe potuto fare di più o che, comunque, ciò che ha fatto non è abbastanza: “bella la maglia che mi hai regalato ma tesoro, come hai fatto a dimenticare che io odio il rosso!?”.

5) Esistono poi anche alcuni ATTI COMUNICATIVI ai quali, davvero, non dovremmo ricorrere, come il “te l’avevo detto” o “io lo sapevo”: non mi aiuta affatto sapere che ho commesso un errore e che in più l’ho commesso, perché non ho dato retta all’altro! Oppure, il “lascia, faccio io”, atteggiamento gentile, ma che nasconde una forma di squalifica delle capacità dell’altro: faccio io, perché tu non sei in grado.

Le differenti “trappole comunicative” che portano a realizzare un dialogo fallimentare nascono dalla non considerazione del fatto che il linguaggio che noi utilizziamo spesso utilizza noi!

I sofisti, grandi maestri nell’arte della comunicazione, sostenevano che la realtà altro non è che il linguaggio usato per comunicarla agli altri e a noi stessi.

Parafrasando Wittgenstein: “le parole sono come pallottole”, dobbiamo quindi imparare a usarle accuratamente, per non creare danno a noi stessi e agli altri.

Dott. ssa Daniela Birello (Psicologo – Psicoterapeuta Ufficiale del Centro di Terapia Strategica)
Per maggiori informazioni: danielabirello@gmail.com

Per approfondimenti sul tema si rimanda al libro “Correggimi se sbaglio. Strategie di comunicazione per appianare i conflitti di coppia”, G.Nardone.

Photo by Redd Angelo-Unsplash

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